sabato 9 luglio 2011

Prodromi
Lo zen, le derive 
e l'arte di preparare il sushi

Inspiegabili maestri arrivano nelle sembianze dei più
insospettabili sospetti, non sono i soliti, anche se sono certi.
Ci accompagnano, seguono le nostre derive 
con la postura di un kilimangiaro imponente 
nella sua rocciosa presenza e innevati alle sorgenti.
Poi sulle strade parco ci consegnano a incontri mille notti sognati 
e che quando vengono a nozze si tramutano in incubi a cielo aperto,
matrimoni divenuti funerali. 
Intanto gli ingredienti disposti sulla tavola, il wasabi, 
colla alchemica che trasduce una moltitudine arcaica di essenze, 
le foglie d'alga verde temprato dei boschi di mare che attinge 
la metafisica dei costumi all'oriente tiene in piedi i bastimenti, 
lega ciò che è fragile.
Lingue che si intrecciano, diademi di idiomi che si intrecciano,
il riso gohan, ciò che è prima a bollire e poi il corpo ciò
che è la consistenza del cuore, rollato, impreziosito da fibre di
polpa di granchio, spuntoni filati lisci di avocado per tenere i
sapori all'unisono vibranti, 
le fila di cetriolo che puntano i recettori della lingua, 
tuorli d'uovo ripetutamente sbattuti in mondi a strati come di cipolla
fino a finire in padella,
e poi salmoni, tonni affumicati,
approfonditi sui manata taglieri con sicurezza e saggezza 
da imparate improvvisazioni,
salse di soia e maionese nelle varie declinazioni dell'essere,
manifestazioni di cui si fa esperienza, di cui ci si prende cura,
disfacendole nutrendosi.

Sgombrare le possibilità, 
apparecchiarle al massimo delle esplosioni delle essenze, 
qui predicate sul campo di battaglia di un piatto trasdotto nei secoli,
che ogni misura colma ed evade,
che tiene a nudo sul muro nero che è il passare inesorabile dei giorni, 
clemenza della corte 
e noi qui ci beviamo insieme un crodino, 
perchè pur sempre siamo noi qui per sempre a divenire


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