lunedì 1 agosto 2011

MEMORIE ITAL(O)ICHE

Come campi migranti dal' 43 alla liberazione
venimmo sgombri fino alle radici del Po, 
passando per la città aperta alle pendici teatine 
dove gli accordi di guerra praticavano la pace,
ad inseguire la sopravvivenza ridendo come bambini affamati 
che hanno imparato il tu della morte,
compagna fedele e silenziosa di ogni giorno.
E camerata e partigiani in rivolta con volumi sottobraccio 
in centri di smistamenti di libertà sottobanco,
che non sappiamo da dove ci sbucheranno fuori
carrarmati che ci sprangano la notte fino a circondarci
mentre evacuiamo alle nostre paure, e voli rasi di bombardieri
a doppia elica che spezzano il ponte Mezzano dove mozza rimane alla vita 
aggrappata la nostra speranza.
Panini imbottiti senza companatico, partigiani appesi da una parte all'altra, 
traditori per salvarsi la vita,
imperie di contesse della croce rossa,
un albero ciliegio gigante d'ombra che il frutto sfugge all'amaro
del disertore in fuga dal nemico che il giorno prima chiamava amico,
chilometri di fila indiana per accaparrare taniche di latte non caglio 
in vasche senza l'idromassaggio, misure preventive,
scarponi con suola più spessa del previsto con un guadagno netto in perdita di 2 lire,
il giovane che prende in mano le redini del vecchio,
saluti nella casa degli eroi, 
ubriache SS che raziano in un Hitler pagherà in futuro,
buche e abbracci salvavite umani e il grugnito di un porco che si sacrifica,
giovani uomini in armature tedesche delle casacche perse altrui 
al fronte certo della morte se ne vanno e salutano in un pianto 
le foto degli amati  che non sanno più,
se rivedranno mai più.

E la liberazione arrivò ogni giorno in ritardo di un giorno,
in un trionfo di vita e di morte
e di speranza.

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